Franco Castellani







PREGHIERA




La donna muta di lontano 

folgora piano e mite

con la mano accende l’arcobaleno,

poi lega al seno

il figlio nazareno. Lui mutato

cala piano nella gora

e folgorato

respira piano l’iride lontano

La donna muta canta con le dita

il suo genio spento: iride del lago

accendi la sua voce,

sciogli il gelo del suo silenzio

Il figlio d’oro guarda con le mani

la sua vita – odore di catrame

nella gora – le parole accende …

Adesso con le dita

spenge l’iride del lago

e la voce nel canneto immerge



Là nel saliceto la rossa nube è un dio adirato



(Ora il figlio d’oro tradisce il suo decoro

e con le dita - fiume nero – parla

piano)



Salice di neve, è rossa la sua voce …



La suora verde affonda piano

nelle vene il laudàno

- oh fluido di neve, animo di stelle -

il gelo passa

e porta via ogni istante dai suoi occhi,

spenta luce. Se dalle vene azzurre

d’un’anima notturna

sale il sorriso infante

e intimo sussurra

si fa delirio il sembiante

O mite senza ritorno, la notte è ancora giorno



Luna, dimora ancora nel bisbiglio la sua voce dove notte e asili adesso immerge












ORIONE


Anche le donne hanno paura di quello che vivono

qualche volta vorrebbero morire in Dio



Laggiù dove trema Orione e la notte

è fredda, premi il fiore, Biancaneve,

e scendi

a rubare il silenzio di un tormento,

le labbra pregano piano,

anima pura che ricevi la notte

per donare la luce

(e la rugiada

che si fa strada nella notte azzurra

adesso è chiara)

Quando vieni alle colline e tremi,

amore, dammi il freddo;

ora puoi andare fino al sole

e bruciare ogni stella



Unire l'universo che divide

il tuo cuore …, animo di neve,

dove la luna rinasce nell'alba

e senza pace riluce nel bosco

Adesso bramo l'universo e ascolto

in silenzio la sua voce,

parlo con lei, miro

l'universo sparso

che geme in silenzio

nei suoi occhi chiari

(quanto dolore

si fonde dentro a un cuore)

Angelo bianco che la neve spargi,

accendi la tua vita adesso

















L'UOMO DI FEBBRAIO




Oh l'uomo di Febbraio

che viene nella notte

per rubare il suo cuore e di nascosto,

laggiù, col bacio del silenzio

e l'anima di Orfeo

trasformerà il dolore

in amore per sempre;

poi scalderà il suo cuore

con la primavera

e il vino non brucerà più



Laggiù dove trema Orione e la notte

è fredda, apri il cuore Biancaneve,

è Agosto: mi darai la mano tremando

e il dolore in un momento

passerà per sempre

Ti scalderò le vene con le labbra

e il freddo delle mani

passerà nel mio cuore:

se non avrò timore

a bruciare tutto il bosco,

amore, il dolore passerà











DAL TRENO




Il gelo per le strade

non si trova più ma tu arrivi

a questo traforo di stelle

che ho dorato con le mani sudate

Ho forato la montagna per te

ma la valle s’è svuotata

La rana d'oro che porti al collo

delle Signore cólla bufera

nel cuore mi divora lontano

ma l'odore di terra bagnata

non penetra il finestrino



Porto la rugiada alle labbra

e mi consento il bagliore del cielo



E questo fiume nero

che s’allontana

senza rumore e senza destino

sa di arsenico e gelsomino

Brucia l'argento, e il mio sonno nel treno

penetra il monte senza più freno

per arrivare a te, in silenzio …



Come hai fatto tu con questo treno azzurro …












AL DI LA’ DEL VETRO




Il faro non illumina più la striscia di Gaza

dove si trova il tuo cuore, Biancaneve,

e la bufera di mare che vedi passare

al di là del vetro ha l’ultimo gelo

del mio silenzio: sogni

la primavera e la notte ti porta

la mia preghiera



Porti alle fessure del mondo i tuoi fili d'erba

in attesa che la vita cambi

ma il cuore è sempre più sospeso: guardo

il mare e ti sento vibrare dentro il vetro

dove la preghiera sei tu, al mondo



Ti porto in braccio ancora

una volta verso il cielo privato

di questo seggiolino

e da questo treno lanciato

nello spazio ho rubato il mare

per aprire il cuore e rompere il ghiaccio,

l'arcobaleno che supera il monte

sfiora la tua mano adesso …



E la fiamma di vetro che tu senti

bruciare al di là del lago, è il mio cuore

di drago, amore, che divampa

ora ch’è notte e la pioggia dilaga



(È un labirinto senza uscita

il tuo cuore dove muore ogni fede)












IL RITORNO




Ora ceno solo su questo treno

azzurro e la ginestra

di mare che vedi passare

al di là del vetro

torna a profumare il mio destino,

l'arsenico è scivolato via

insieme al suo veleno

e su questo treno dove ho toccato

l'inferno, ora torno a te, sereno



Sei tornata sulla strada ferrata

a deragliare il mio cuore e le stelle

non hanno più il traforo

ma la tua vita a crepapelle;

la rana d'oro è scappata via

dal collo e la rugiada è diventata

terra di loto



La tortora di mare

che vedi passare al di là del Reno

trema sulle prode vuote

e non vuol tornare indietro,

così lontano è il suo paese

dal tuo cuore: ha il collare

di vetro per il tuo amore distratto…



Ma la fata morgana

che s'allontana

oltre le nubi e le brughiere conta

i battiti del nostro amore

verso la città di sera

dove la stazione non brucia più

il sonno di vetro



E leggera come la bufera dormi sopra il mio fuoco










CARTAGO




La nave all’orizzonte porta

la filiera dei pensieri

dentro la preghiera di ferro

e porti la pace con il fuoco

(l’inverno è arrivato)

Sulla croce hai incassato la mia vita,

e con le dita adesso parli al mio cuore



Hai soffiato la città di vetro

con la bora e la primavera

è diventata nera,

i cormorani hanno le tue ali di cera,

amore, per non tornare indietro;

il carro è assediato

e tremo nelle mani di guerra



Entro nel buio della città di vetro

lontana come uno spetro

e m’addormento senza te che sei

la mia buonanotte, e la mia bufera



La primavera sale ancora al tuo presepe



(Oh la Cartagine di pietra

che hai cesellato con il mare

e con la terra l'hai distrutta

con la furia del tuo fuoco)



Ma era la mia vita

quell’anima di vetro

che adesso brucia

nella moneta d’oro

che hai limato con il cuore e con la mirra

E adesso fondi

con gioia e disperazione,

per una ragione di cartone in più,

che non conosca più il dolore

- Cartagine, o Cartago, più non importa




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